Spirano venti nuovi nel diritto delle relazioni familiari e in pochi se ne sono accorti.
Due sono gli elementi cardine e innovativi che mi piace sottolineare con chi mi legge, tra le tante riforme che negli ultimi anni sono state fatte in questa materia, perché hanno rilevanza nella vita di tutti noi e non debbono essere argomenti relegati dentro le mura degli studi legali.
Uno è la possibilità della separazione o divorzio davanti al sindaco, quelli che tecnicamente noi avvocati chiamiamo gli “accordi in house”. Dal 2014 abbiamo la possibilità di accedere alla separazione e allo scioglimento del matrimonio con accordi privati raggiunti in studio e poi siglati dall’ufficiale di stato civile. Non passare davanti al tribunale ha tanti vantaggi in termini di celerità e anche, fattore che non sottovaluto, di privacy, ma soprattutto relega la separazione e il divorzio ad un fatto strettamente privato tra i coniugi.
L’intervento pubblico è solo la supervisione degli accordi da parte del pubblico ministero se sono presenti dei figli minori. Questo ci porta a valutare il matrimonio e la sua crisi come questioni private che possono essere disciplinate con accordo più semplice, veloce e diretto tra le parti. Il fulcro dell’intervento normativo del legislatore non è più  la salvaguardia della famiglia come “Istituzione” ma come formazione sociale in cui si formano relazioni umane intese come legami che, se adeguatamente  tutelate nella loro integrità, anche oltre il permanere della Famiglia stessa, costituiscono una ricchezza per l’individuo.
Credo che questa nuova visione ci porterà anche ad altre conseguenze come quella degli accordi prematrimoniali che purtroppo in Italia non sono ancora permessi. Ci hanno sempre insegnato all’università come un mantra, spesso come tranello in sede d’esame, che il matrimonio non è un contratto perché è il mezzo attraverso il quale i coniugi intendono realizzare una comunione di vita spirituale e materiale che si attua attraverso la convivenza, l’assistenza, il rispetto reciproco e la ricerca di un indirizzo di vita unitario e carente di contenuto patrimoniale. Forse arriveremo invece presto a qualcosa di molto simile ad una pattuizione contrattuale.

Ma uno degli aspetti che oggi vedo più difficilmente comprensibile, e che resta ancorato ad una visione di famiglia ormai sorpassata, è la nomina del curatore speciale del minore. Sono appena uscita da un’udienza in cui sono stata nominata dal Tribunale dei Minori avvocato di un bambino per il quale il pubblico ministero chiede dichiararsi l’adottabilità. Fino a qualche anno fa l’udienza si sarebbe tenuta con il giudice, il padre, la madre e i loro difensori. Oggi c’ero anch’io che rappresentavo le istanze del piccolo, la sua volontà, il suo interesse. Vedete bene che si passa da una visione del bambino come oggetto, come proprietà dei genitori ad un soggetto di diritti, addirittura munito di difensore proprio diverso da quello dei genitori: una diversa visione prospettica del rapporto genitori-figli, alla luce della quale si mette in primo piano l’interesse superiore dei figli minori e non quello dei genitori investiti della responsabilità genitoriale. Da questo nuovo punto di vista è ormai abbandonata l’idea  “adultocentrica” del rapporto genitori-figli, a vantaggio di una idea improntata all’eguaglianza di diritti e di doveri e più sicuramente “puerocentrica”. Il nostro legislatore ha recepito, anche se con ritardo, le novità sancite nelle convenzioni europee, e non poteva essere altrimenti, novità che scaturiscono dal cambiamento in atto nella società: i figli sono divenuti non solo destinatari di diritti ma titolari di relazioni “tra pari” con i loro genitori, e questi ultimi hanno il dovere di esercitare responsabilmente le loro funzioni a tutela di una crescita equilibrata dei figli, non solo dal punto di vista economico, ma anche psicologico e morale.

La nomina di un avvocato per il minore avviene, badate bene, non solo nei casi cosiddetti de potestate, cioè di adottabilità e simili, ma anche nelle separazioni altamente conflittuali. Quando papà e mamma non sanno mettersi d’accordo su come fare i genitori, non hanno un progetto genitoriale ma chiedono al tribunale la soluzione di controversie sul minore per qualsiasi argomento, dal taglio di capelli alla partecipazione alla gita scolastica, il tribunale nomina al minore un curatore speciale. Una visione a misura di bambino dove è lui il centro, dove il suo interesse è quello da perseguire e va tutelato con un legale proprio nominato dal tribunale. Quando racconto queste cose ai genitori che stanno per separarsi stentano a crederci perché siamo ancora inadeguati ai nuovi venti europei. Ma questa nuova visione li fa spesso cambiare idea, opinione, modo di operare anche in relazione all’altro genitore .
Meno conflittualità più progettualità

Dal Blog Laberghy