Il coniuge separato tenuto al versamento dell’assegno può essere condannato d’ufficio dal giudice a corrispondere la metà della rata del mutuo a prescindere dal fatto che ha già pagato in contanti la metà dell’immobile. Può essere inoltre ordinato il prelievo diretto sullo stipendio.

Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 20139 del 3 settembre 2013, ha respinto il ricorso di un ex marito condannato d’ufficio dal giudice della separazione a pagare metà del mutuo della casa assegnata alla moglie e ai figli, nonostante avesse già pagato la metà dell’immobile in fase di acquisto.

Sul punto la prima sezione civile, respingendo tutti i motivi presentati dalla difesa del padre, ha spiegato che l’art. 155 c.c. prevede, fra l’altro, che il giudice stabilisce la misura ed il modo con cui il coniuge non affidatario deve contribuire al mantenimento dei figli ( comma secondo ), non essendo a tal fine vincolato dalle domande delle parti o dagli accordi fra le stesse eventualmente intervenuti. Ma non solo. L’assegno periodico di mantenimento può essere determinato in una somma di denaro unica o in più voci di spesa, sufficientemente determinate o determinabili, che risultino idonee a soddisfare le esigenze in vista delle quali l’assegno è stato disposto.

Ha fatto bene, dunque, la Corte d’Appello di Milano a imporre all’ex marito l’obbligo di pagamento della rata del mutuo, costituendo anche questa una modalità di adempimento dell’obbligo contributivo in favore dei figli.

Lo stesso può dirsi sul prelievo diretto sullo stipendio dell’uomo che, in più di un’occasione, si era reso inadempiente tanto che la casa, a un certo punto, era stata messa all’asta.