Presidente Forte – Relatore De Chiara

La decisione di un coniuge separato di fissare la propria residenza lontano da quella dell’altro coniuge è una scelta insindacabile, ma per questo solo fatto non si perde l’idoneità a essere collocatari dei figli minori. Il giudice in una tale evenienza ha il dovere di valutare se sia più funzionale al preminente interesse della prole il collocamento presso l’uno o l’altro dei genitori, per quanto ciò incida negativamente sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non collocatario

Il Tribunale, in accoglimento della domanda di modifica delle condizioni della separazione consensuale dei coniugi proposta dal marito, disponeva il collocamento presso il medesimo delle figlie minori della coppia, di 9 e 5 anni, già collocate presso la madre in base agli accordi a suo tempo omologati dal Tribunale, luogo di residenza delle parti.

La ragione della modifica del collocamento di queste ultime risiedeva nel programmato trasferimento della madre, sostituto procuratore per lavoro.

La Corte d’appello, sul reclamo della donna, ribaltava la decisione del Tribunale. Queste le motivazioni espresse dagli Ermellini nel rigettare il ricorso dell’uomo.

Nell’ambito del giudizio di affido e collocamento dei figli di una coppia di coniugi separati, il giudice non ha il potere d’imporre all’uno o all’altro dei coniugi stessi di rinunziare a un progettato trasferimento, che del resto corrisponde a un diritto fondamentale costituzionalmente garantito, come rilevato dai giudici del reclamo. Il giudice non può che prendere atto delle determinazioni al riguardo assunte dell’interessato e regolarsi di conseguenza nella decisione, che gli compete, sull’affido e il collocamento dei figli minori.

Nessuna norma, inoltre, impone di privare il coniuge che intenda trasferirsi, per questo solo fatto, dell’affido o del collocamento dei figli presso di sè; la decisione del giudice è discrezionale e deve ispirarsi, come correttamente ricorda il ricorrente, al superiore interesse dei figli minori.

In altri termini, di fronte alle scelte insindacabili sulla propria residenza compiute dei coniugi separati, i quali non perdono, per il solo fatto che intendono trasferire la propria residenza lontano da quella dell’altro coniuge, l’idoneità ad essere collocatari dei figli minori, il giudice ha esclusivamente il dovere di valutare se sia più funzionale al preminente interesse della prole il collocamento presso l’uno o l’altro dei genitori, per quanto ciò incida negativamente sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non collocatario: conseguenza, questa, comunque ineluttabile, sia nel caso di collocamento presso il genitore che si trasferisce, sia nel caso di collocamento presso il genitore che resta.

Né hanno ragion d’essere i rilievi del padre circa il grave pregiudizio cui sarebbero esposte le bambine a causa dello sradicamento “dai vincoli affettivi, ambientali e scolastici acquisiti non potendo ritenersi il grado di ambientamento finora raggiunto dalle bambine, per la loro età di ostacolo al trasferimento in altra città dove potere ricostruire una nuova rete di conoscenze e relazioni sociali, data la particolare duttilità e capacità di adattamento alla novità dei bambini tali da renderne più agevole il percorso di superamento delle eventuali difficoltà iniziali insite nel cambiamento, laddove, invece, un brusco e prolungato distacco delle stesse dalla figura materna senza dubbio non potrebbe allo stato che avere ripercussioni negative irrimediabili e non altrimenti riparabili sul loro equilibrio e benessere fisico e psichico-emotivo.”